giovedì 10 ottobre 2013

Compagni di merende (parte 1)

E adesso sto cantando e ancora sto sognando
ma non ho più la mia città
non e' cambiato niente tutte le notti aspetto
ancora una stella cadente
(Ma non ho più la mia città – G. Trovato)


La voce di Gerardina Trovato si diffonde intorno a me, penso che questa canzone mi calza a pennello. Catania non mi basta e vorrei fuggire lontano… a New York perché no? Quello che c’è qui adesso non mi va più bene, voglio altro.

La stanza enorme è squallida, la luce fioca e le pareti bianche lievemente ingrigite, pochi arredi, qualche vecchio grande tavolo di truciolato di pessima qualità.
Alle pareti nessun quadro, solo un paio di cartelli, scritti a mano, in uno si legge “Pulite il tavolo quando vi alzate!” e in un altro “Chi viene sorpreso a lasciare sporco il tavolo a pranzo, sarà inserito nel turno di pulizia dei bagni dell’indomani!”… questo è il tono della vacanza. Autogestione. Siamo una ventina di età compresa tra i 18 e i 25 anni, io mi colloco perfettamente a metà dato che ne ho 21.

Mi sono trovata, come molte altre volte nella mia vita, trascinata in un’avventura in cui non credevo nemmeno troppo, mi sono fatta prendere dall’entusiasmo degli altri e dalla voglia di riempire bene le mie giornate per non avere tempo di pensare.
Con lui è finita, se così si può dire, dato che non so nemmeno se si può dire che sia mai iniziata, e io mi sono imbottita di impegni per non cadere nell’errore di cercarlo di nuovo e adesso sono qui… da due giorni, in un’enorme scuola nella periferia di un piccolo comune della provincia, a condividere con diversi amici e molti sconosciuti, un’esperienza che, a detta di chi l’ha già provata, sarà unica.

Mentre mi guardo intorno, nell’enorme stanza squallida, scrutando le espressioni buffe dei miei compagni di avventura che discutono a gruppi dei turni per la cucina e la pulizia, cammino ciondolando, mangiando uno yogurt alla ciliegia e sorrido sollevata pensando che ho già dato la mia piena disponibilità per le attività esterne piuttosto che quelle di gestione interna, quindi non mi toccherà fare turni in cucina o nei bagni, per fortuna.



Assorta, sorridente e pensierosa, una presenza improvvisa si manifesta davanti a me, fulminea mi ruba il cucchiaino e ne ingurgita il contenuto… “Ma che ci hai messo dentro?”, mi chiede stupito masticando. Lievemente sorpresa e piacevolmente colpita dalla sua intraprendenza, dato che non ci si conosce per nulla (nemmeno i nomi), ma non avevo potuto fare a meno di notarlo già al momento della presentazione generale due giorni prima, ribatto un po’ imbarazzata “… Sai, ci ho sbriciolato dentro una brioscina T”. Lui è del nord e le brioscine T le ha conosciute qui da noi solo da un paio di giorni, sorride e dice “Beh… è buono, me ne dai un altro po’?”. Così consumiamo insieme questa romantica merenda.
Mentre si allontana, ripenso sorridendo al gesto di intimità che ha avuto nei miei confronti e penso che una nuova storia, qualcuno a cui pensare mi aiuterà a non pensare più ai fantasmi del passato. Però è un po’ presto e la distanza è tanta!

Dopo cena, un amico mi convince ad andare con lui e qualche altro a guardare le stelle sul tetto… “Ma ti devi portare il materasso!”, così mi ritrovo, faccia a faccia, con il mio compiaciuto compagno di merende, a trasportare il mio materasso dal mio letto, su per le scale, sino al tetto. La serata è fantastica, la luna illumina perfettamente le nostre facce e si sta benissimo, non serve nemmeno la coperta. A guardare le stelle sul tetto è inevitabile che si formino le coppie e, mentre a due a due gli amici si accomodano guardando romanticamente la luna sulle nostre teste, intraprendente come la mattina, il mio compagno di merende si sdraia accanto a me sul materasso senza nemmeno chiedermi se sono d’accordo… e ancora non sa nemmeno il mio nome.

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